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"Senza trasformare le leggende, perché il popolo è poeta sovrano, e l'opera va rispettata dall'artista che ammira la sublime poesia formatasi nei secoli, ho scritto per i poeti, per gli artisti, per ogni essere gentile che sogni e ami guardando il mare". Maria Savi-Lopez, studiosa di folklore, sull'onda dell'interesse e della tensione ottocentesca per le manifestazioni della cultura popolare, unì sul finire del secolo tutte le leggende nate intorno al mare, quelle mediterranee insieme a quelle nordiche e oceaniche. L'antropologo Antonino Buttitta inserisce l'opera di lei in "quella schiera di raccoglitori e scrittori di racconti popolari", per i quali è difficile tracciare con precisione il confine tra rigore e autenticità scientifica e gusto letterario. Il piacere della lettura, quindi, destinato nell'intenzione dell'autrice a trasmettere l'universale fascinazione da sempre esercitata dal mare, spinge questi racconti in una zona ambigua tra i "letterati" ovvero coloro "che si servono, per scopi letterari, di temi e motivi popolari" e "folkloristi il cui compito è di raccogliere la materia popolare come essa è". Ma ciò non si identifica con l'escluderne ogni valore di oggettività. Al contrario, forse proprio l'aver poco applicato un metodo analitico, finalizzato a ordinare nel tempo e nello spazio la sua materia, permette, con molta modernità, alla Savi-Lopez di contribuire a isolare le strutture generali della narratività che i materiali folklorici mettono in opera.